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Nelle montagne di Honduras-Higueras
Il corpo di Gonzalo Guerrero,
Tatuato alla maniera dei Maya.
Francisco de Montejo, è prevalso
Il bene sul male,
Sulle tenebre prevalsa è la luce.
Ma che tenebre e che luce?
Dietro le coste e le foreste
Dello Yucatan
Si accendevano forti tramonti
Di vuota appartenenza,
La notte veniva
Carica di stelle
Urlava il mare e la foresta
Si piegava al suo
Destino.
Tu pure, Gonzalo,
Ti piegasti. Nei villaggi
Che stupivano
I tuoi connazionali
Venuti come te
Alla ricerca dell'oro,
Nelle verdi foreste
Provate dagli uragani,
Sulle bianche spiagge
Di sola luce nella notte.
Il tuo corpo cambiava
Coi tamburi e i colori,
Coi suoni di una lingua nuova
Che facevi tua.
Cambiavano i tuoi occhi,
Il modo in cui le mani,
Avvezze alle armi da fuoco,
Divenivano armi
Tornavano a vivere
Al contatto coi corpi
Di uomini e donne Maya.
E il tuo corpo
Dalle loro mani
Rinnovato, mutato.
Così ti narrarono le stelle,
Quel cielo che davvero di stelle bruciava,
Limiti di sovranità e prigionia
Il fuoco dell'inquisizione
Le celle sotterranee
L'eccidio di popoli più liberi.
D'allora le notti, seduti intorno al fuoco,
Coi tamburi le voci e le danze,
Schiudevano
Un aspetto diverso della vita.
Né il sangue che intrecciava
I loro lunghi capelli,
Poi i tuoi,
Che al cielo scagliava un ultimo
Urlo di guerra,
Ti spaventò nell'anima,
Che tornato Montejo a pregarti
Lo seguissi,
Per tornare al bene, al denaro, e a Dio.
Fu poi quando trovarono
Il corpo di uno spagnolo
Nelle montagne dell'Honduras
Un corpo ricoperto di tatuaggi Maya
Fu allora che posero fine al disprezzo,
La paura e la caccia.
Fuggiasco avevi scelto
Una giustizia salda e silvestre,
Chiara negli occhi
Fissi
Al fermo cielo.
New York, 2003-2009
Nelle montagne di Honduras-Higueras
Il corpo di Gonzalo Guerrero,
Tatuato alla maniera dei Maya.
Francisco de Montejo, è prevalso
Il bene sul male,
Sulle tenebre prevalsa è la luce.
Ma che tenebre e che luce?
Dietro le coste e le foreste
Dello Yucatan
Si accendevano forti tramonti
Di vuota appartenenza,
La notte veniva
Carica di stelle
Urlava il mare e la foresta
Si piegava al suo
Destino.
Tu pure, Gonzalo,
Ti piegasti. Nei villaggi
Che stupivano
I tuoi connazionali
Venuti come te
Alla ricerca dell'oro,
Nelle verdi foreste
Provate dagli uragani,
Sulle bianche spiagge
Di sola luce nella notte.
Il tuo corpo cambiava
Coi tamburi e i colori,
Coi suoni di una lingua nuova
Che facevi tua.
Cambiavano i tuoi occhi,
Il modo in cui le mani,
Avvezze alle armi da fuoco,
Divenivano armi
Tornavano a vivere
Al contatto coi corpi
Di uomini e donne Maya.
E il tuo corpo
Dalle loro mani
Rinnovato, mutato.
Così ti narrarono le stelle,
Quel cielo che davvero di stelle bruciava,
Limiti di sovranità e prigionia
Il fuoco dell'inquisizione
Le celle sotterranee
L'eccidio di popoli più liberi.
D'allora le notti, seduti intorno al fuoco,
Coi tamburi le voci e le danze,
Schiudevano
Un aspetto diverso della vita.
Né il sangue che intrecciava
I loro lunghi capelli,
Poi i tuoi,
Che al cielo scagliava un ultimo
Urlo di guerra,
Ti spaventò nell'anima,
Che tornato Montejo a pregarti
Lo seguissi,
Per tornare al bene, al denaro, e a Dio.
Fu poi quando trovarono
Il corpo di uno spagnolo
Nelle montagne dell'Honduras
Un corpo ricoperto di tatuaggi Maya
Fu allora che posero fine al disprezzo,
La paura e la caccia.
Fuggiasco avevi scelto
Una giustizia salda e silvestre,
Chiara negli occhi
Fissi
Al fermo cielo.
New York, 2003-2009