Tuesday, April 26, 2011

Il campo di Guantanamo

Per Mohammed Sadiq

Hai vissuto quasi tutta una vita,
Ottantanove anni, quasi novanta,
Un secolo quasi,
Di lavoro e sacrifici,
Nel verde più denso dei monti,
Di amore e rabbia, di compassione,
E infine di malessere mentale.
Vita quotidiana delle cose più comuni,
I cieli azzurri, quelli rossi di fuoco,
Le pioggie torrenziali e le inondazioni,
Le notti stellate, la divina
Minaccia sopra la sofferenza umana,
E, blasfema, la crudeltà della continua
Occupazione straniera. Sono venuti i figli,
Nuove fatiche, ancora amore e rabbia,
Ed i nipoti. Infine l’incapacità
Di pensare in modo adeguato e distinguere il vero
Dal falso, una debolezza della mente,
Il sorriso a volte di chi s’è smarrito,
Solo, inconsapevole, e la pretesa della felicità.

Immaginate un giorno vostro padre
Seduto sulla porta di casa, un bastone fra le mani,
A godersi il calore del sole,
Meravigliarsi del canto degli uccelli,
Del movimento veloce delle lucertole, gli anni
Della memoria, la memoria degli anni,
I dolorosi vuoti dell’immaginazione,
Il rabbuiarsi di un pensiero che si spezza,
E la fine stessa del pensiero. Uno squarcio nell’anima,
Doloroso come un’ulcera improvvisa,
Una ferita che non guarisce, ma ritorna.
E tuttavia il sorriso pure ritorna
A volte, e gli occhi vuoti
Si riempiono di nuova gioia e saggezza.

Poi il blasfemo, immaginate, il blasfemo
Frastuono di aerei e bombe,
La sconsiderata macchina di guerra, l’odioso
Plotone, troppo giovani, lontani
Dalla conoscenza delle cose, della vita, i soldati,
Mandati dagli uomini più brutti della terra,
Uomini potenti, i peggiori fra i peggiori, (1)
A colpire e battere chiunque
Per ottenere informazioni –
Intelligence dicono, intelligence le chiamano.
Arrestano anche lui. Ottantanove anni d’età.
Vuoti, i suoi occhi sono specchio dell’abisso del mondo,
Poi tornano a rilucere,
Del verde, del giallo e dell’azzurro dei monti,
Del rosso e del nero della storia, della memoria,
E dell’orrore che sta per venire.

New York, 26 aprile 2011
(traduzione dell’originale Guantanamo Camp)

(1) Questa è la frase detta da Donald Rumsfeld a proposito dei detenuti di Guantanamo.

No comments:

Post a Comment